14 febbraio, 2012

La nostra vita, la nostra prigione



L’illusione, che attualmente avvolge l’umanità in una fitta nebbia, nasconde alla moltitudine degli individui la visione dei muri e delle sbarre dell’enorme prigione in cui vive credendo di essere libera.

La prigione è il sistema socio-politico-economico-finanziario.

Le mura del carcere, le celle e le sbarre, sono fatti di consumismo, competizione, egoismo, sfruttamento e individualismo. In una parola: “materialismo”.

Il 90% della popolazione mondiale è imprigionata fra quelle mura ed è tenuta in quella situazione di cattività dal 10% di individui che sono i carcerieri, e che detengono l’85% della ricchezza del pianeta.

Il paradosso è che la gente incarcerata crede di essere libera e si scontra contro quelli che sono nella stessa prigione, nell’illusione di ritagliarsi uno spazio proprio, un piccolo recinto di pseudo-potere. Ma non sa che quello spazio ottenuto a discapito dell’altro è solo una briciola nel cortile dell’ora d’aria all’interno del carcere.

Rivendicazioni operaie o di categoria, proteste e proposte di aggiustamento della condizione di lavoro ed esistenziale fanno parte di quello sforzo, ma sono tutte mirate solo a stare un pò meglio in prigione. Ciò è comprensibile poiché è l’effetto dell’istintivo spirito di adattamento di ogni essere umano che, anche in gruppo organizzato, cerca di ottenere miglioramenti della condizione di vita. Ma tutto ciò serve soltanto a mantenere lo stato di schiavitù, l’un contro l’altro, in una guerra tra poveri o prigionieri.


Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo, non solo a livello nazionale, bensì mondiale, è l’apparente sforzo di attutire gli effetti dello squilibrio economico-finanziario per salvare il sistema (di imprigionamento) mediante un sacrificio di massa. È come se ai carcerati fosse imposto di rinunciare all’ora d’aria e ai pasti per sostenere l’apparato carcerario che li imprigiona. In realtà la dinamica che è in atto mira a compiere un ennesimo giro di vite per restringere la libertà e l’attività dei popoli….

Vista dalla prospettiva dei carcerieri è una precisa operazione per prosciugare quel poco di dignità e sostentamento che ancora anima i prigionieri. Vista dalla prospettiva dei pochi che si sono liberati è un criminale piano di annientamento del potere creativo dell’umanità, ottenuto mediante l’abbrutimento e la barbarie.

Ma, chi sono i “carcerieri” e chi sono i “liberi”?

I carcerieri sono, senza alcun dubbio, quelli che hanno progettato il piano di costrizione e costruito il carcere fondato su un sistema di controllo, camuffato da apparente benessere, denominato “scambio di ricchezza”. Ciò che, in realtà, viene scambiata non è la ricchezza ma la scarsità. Una scarsità sapientemente mantenuta un poco al di sopra del livello di guardia, quel tanto da consentire una perenne lotta di sopravvivenza tra i carcerati senza provocarne la rivolta.
Carceriere è il sistema bancario, quello che ha stabilito che lo scambio è attuato mediante il denaro che esso stesso immette e centellina. Quel sistema che, sul debito, ha creato l’impero di potere per cui, impoverendo le masse, le controlla.

Ora la domanda sorge spontanea: perché l’umanità carcerata sacrifica la propria dignità nell’illusione di ottenere un miglioramento di condizione che, se avverrà, sarà comunque, all’interno del carcere?

Perché non mette a frutto le poche risorse che le restano per progettare un piano di fuga, di liberazione di massa? Non sarebbe più logico, proficuo ed evolutivo?

A questo punto occorre introdurre i “liberi”.

I “liberi” sono ex carcerati che hanno elaborato un piano di evasione e, individualmente, sono fuggiti dal carcere. Per compiere tutto il percorso hanno dovuto prima risvegliarsi e divenire coscienti della condizione di prigionia, poi intravedere oltre le sbarre la vera realtà, quella al di là della sofferenza e della schiavitù di tutte le forme di seduzione materiale.

Una volta evasi hanno progettato un “piano di fuga” per poter poi vivere in una terra di nessuno, ai margini del sistema (carcere).

Loro sono finalmente liberi e coscienti che quella libertà non è fine a se stessa, ma necessaria al piano di liberazione di massa, affinché quella terra di nessuno diventi la Nuova Terra per gli uomini di buona volontà. I liberi sono, così, non solo i testimoni del fatto che liberarsi è possibile, ma anche i pionieri che aiuteranno tutti gli altri prigionieri a farlo. Sono loro a conoscere la via di liberazione perché l’hanno costruita con le loro mani e hanno elaborato un piano infallibile.

Si sono riuniti e, anche se agiscono apparentemente sparsi, hanno deciso di infiltrarsi di nuovo nel carcere (avendo sempre disponibile la via di fuga), e, all’interno di esso, istruire i prigionieri, loro fratelli, in modo da attrezzarli non per compiere la fuga, ma per demolire il carcere stesso.

Gli strumenti di liberazione sono quelli indicati dalla propria saggezza.

1) Primo fra tutti non cadere nel tranello della tentazione. I prigionieri, infatti, sono costantemente tentati dalle seducenti forme che i carcerieri proiettano sull’illusorio schermo del cinema carcerario. Immagini di benessere, opulenza, prestigio, fama, lusso ma, soprattutto, di una infinità di oggetti luccicanti che abbagliano i carcerati come gli specchietti abbagliano le allodole.

La tentazione è la madre di tutte le seduzioni. Mette i prigionieri nella condizione di desiderare sempre qualche cosa di più nell’illusione di migliorare la propria esistenza, mentre, in realtà, li induce a fraintendere il possesso di cose come crescita di sé e del sistema carcere.Ma l’accumulo di cose non è crescita né tantomeno benessere.

La crescita è soprattutto interiore. Crescere dentro, in consapevolezza, significa mutare il comportamento esteriore e scegliere quei pensieri, sentimenti e azioni che produrranno un effetto benefico nelle relazioni umane e, quindi, anche nello scambio di beni.

2) Secondo, non cadere nel trabocchetto della distribuzione della cosiddetta ricchezza.

I carcerieri, dopo aver proiettato il film, lanciano nella mischia gli oggetti luccicanti in modo che i detenuti si accapiglino per possederli. Ma quei poveretti non sanno che quegli oggetti non sono la ricchezza, bensì un pallido riflesso di latta scambiato per oro.

La vera ricchezza è interiore. Un uomo interiormente ricco dei valori dell’onestà, della cooperazione, della fratellanza, non sarà mai povero e non diverrà mai schiavo o prigioniero. Ciò che deve essere distribuito è l’amore per il fratello, per la terra, l’ambiente e la vita tutta. Distribuendo amore si distribuisce la vera ricchezza e si pongono le basi per il regno del benessere e dell’abbondanza.

3) Terzo, non credere alla menzogna della separatività.

Nella prigione ognuno è tenuto separato perché tenda a desiderare qualche cosa solo per sé. Convincendolo che così si distinguerà dagli altri e potrà divenire più importante, più potente, più ricco. Di fatto il carceriere sa che, tenendo isolati i prigionieri, li renderà soli e impotenti. L’essere umano, invece, non è fatto per vivere da solo. Egli ha un ancestrale slancio verso l’aggregazione e l’unione. Sa, nel suo profondo, che “l’unione fa la forza” e che, solo insieme agli altri, può liberare la potenza creativa che è celata dentro di sé come scintilla di quel divino che pervade tutta l’esistenza.

Uniti dalla forza dell’amore incondizionato che si manifesta come perfetta comprensione dell’intima relazione di tutte le creature, gli individui che si riconosceranno in una sola anima, riusciranno a disintegrare le mura, le celle e le sbarre del carcere e, insieme, salvando anche i carcerieri, procederanno liberi da condizionamenti e illusioni per ristabilire il piano di fratellanza.

Coscienti di quel proposito d’amore che ad ogni causa fa corrispondere un appropriato effetto, sapranno costruire, con la giusta causa, una società finalmente in pace. Senza più barriere di classe, di razza e di pensiero edificheranno la civiltà del bene comune e del reciproco aiuto, riconoscendo il valore e la dignità di tutti.

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