29 dicembre, 2012

Italia: si vendono gli ospedali


Liberia, Guinea Bissau, Bangladesh: quello che un tempo si chiamava Terzo Mondo ora abita stabilmente in Italia, il paese dell’Eurozona terremotato dall’austerity e costretto a cedere alla finanza anche il cuore del suo sistema di sicurezza sociale, cioè la sanità pubblica e in particolare gli ospedali. Succede in Piemonte, dove la Regione decide di “cartolarizzare” le strutture sanitarie per sottrarsi alla scure di un maxi-debito
da 1,6 miliardi che lo Stato non più sovrano non è in grado di sostenere, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana. L’epicentro del disastro è proprio Torino, dove traballa anche il bilancio del Comune lasciando intravedere il fantasma del commissariamento: reduce dalle fastose celebrazioni del 2011 per l’Unità d’Italia, il capoluogo piemontese è la prima grande città italiana ad anticipare il drammatico futuro tecnicamente organizzato dall’agenda di Mario Monti, il liquidatore inviato da Bruxelles a “terminare” la sovranità nazionale minata dal Trattato di Maastricht e ora sepolta da Fiscal Compact e pareggio di bilancio. Costretta alla resa, La Regione Piemonte alza bandiera bianca: e pur di non chiudere i suoi ospedali, ne affida il patrimonio immobiliare alla finanza. Mario MontiManovra, scrive il “Fatto Quotidiano”, messa a punto dal super-consulente Ferruccio Luppi, vicino al gruppo Fiat-Agnelli. «L’operazione di finanza creativa, di tremontiana memoria, in effetti è complessa», osserva il giornale di Travaglio, «perché riguarda la vendita del patrimonio immobiliare della Regione, comprese le proprietà di Aziende ospedaliere e Asl». Con procedure di ingegneria finanziaria, gli ospedali dovranno cedere il loro patrimonio edilizio, gestito da una società esterna, e pagheranno anche l’affitto al fondo che sarà istituito dalla Regione. Lo stratega Luppi proviene dalla finanziaria Ifil-Fiat e dalla Worms, holding di partecipazioni quotata alla Borsa a Parigi; dopo aver gestito anche Ferrari e Cnh, nel 2009 è entrato nel direttorio di Générale de Santé, il gruppo ospedaliero francese leader nel settore della sanità privata, e oggi è membro del cda del più grande ente di gestione fondi immobiliari, Idea-Fimit. Con il lancio di due fondi immobiliari, il governatore leghista Roberto Cota pensa di portare in tempi rapidi nelle casse regionali circa 600 milioni di euro. «La ratio dell’iniziativa è semplice: la Regione raccoglie immobili sui quali può esprimere anche una valutazione, si costituisce un fondo, si affida a una Sgr (società di gestione del risparmio) la quale, nel momento in cui acquisisce la disponibilità del patrimonio, anticipa all’ente subito una somma (600 milioni, appunto)». Nel primo fondo, aggiunge il “Fatto”, dovrebbero confluire beni per oltre 500 milioni di euro. In questo modo viene “ceduta” anche una metà dal nuovo palazzo della Regione, verso “investitori terzi” (cioè fondi pensione e assicurazioni). Il fondo avrà una durata ventennale e potrà indebitarsi per 200 milioni. Quote di partecipazione: alla Regione solo il 33%, il resto a “investitori” privati. A questo si aggiunge il secondo fondo, con gli immobili degli ospedali (valore, Roberto Cotaun miliardo di euro). Il fondo durerà 25 anni e potrà indebitarsi per 350 milioni; alle aziende ospedaliere il 66%, il resto ai privati. Il fondo immobiliare sanitario, osserva sempre il “Fatto”, comprende pure gli immobili ospedalieri destinati all’attività di ricovero: «Cioè vengono tolte alle Aziende sanitarie le proprietà e l’ospedale dovrà pure pagare l’affitto al fondo». E a chi verrà affidata la gestione degli immobili? Probabilmente, a grosse società multi-utility, sulla scia della Grande Privatizzazione dei servizi pubblici italiani, costruiti e sviluppati attraverso decenni grazie allo strumento-chiave del debito pubblico positivo, garantito dalla sovranità monetaria della Repubblica. E non è neppure detto che con queste operazioni la Regione Piemonte riesca davvero a far cassa, aggiunge il “Fatto”, mentre è certo che seminerà indebitamenti e mutui per altri vent’anni. In pratica, una manovra disperata: sottoposto al ricatto finanziario, l’ente pubblico si vede costretto a regalare profitti al capitale privato. E attenzione: Torino è solo l’antipasto, se l’Italia e gli altri paesi dell’Eurozona non riusciranno a riscattare la propria libertà finanziaria, per prima cosa sfrattando – una volta per tutte – la classe politica di destra e di sinistra che si è piegata ai diktat dei poteri forti sacrificando i diritti sanciti dalla Costitizione su cui si è basata la rinascita democratica del paese.

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